13 giugno 2006

Che fastidio vedere (e leggere) i giornalisti tifosi

Scusate lo sfogo, ma la mia autocritica (e papà ne sarebbe fiero) mi porta a riflettere su quanto ho appena letto a questo link: «[...] qui si parla di quello che ho visto domenica sera su Sportitalia, quando una giornalista esagitata (ed esagitata è un eufemismo) ha intervistato il presidente del Torino, Urbano Cairo, dopo la vittoria della sua squadra sul Mantova e la promozione in serie A. Lei gridava, come una appena scesa dalla curva Maratona, lui rispondeva compostamente. Finché i giornalisti sportivi non la smetteranno di fare i giornalisti-tifosi, non ci potremo lamentare dei giornalisti di cronaca nera che fanno molto più compostamente il tifo per polizia e carabinieri, parlando di "brillanti operazioni portate a termine grazie al fiuto investigativo del tenente Pinco e dell'ispettore Palla"; o di quelli di cronaca bianca che magnificano le grandi noti amministrative dell'assessore di Portococuzzolo, che è riuscito a mettere a disposizione un assistente sociale per gli anziani con le pensioni al minimo; o dei giornalisti-embedded nell'esercito americano, che a volte nascondono parte di ciò che vedono, per compiacere chi li protegge e permette loro di vivere un'esperienza altrimenti impossibile.
I giornalisti tifosi non sono giornalisti. Né se tifano a favore né se tifano contro. Né se scrivono di sport né se scrivono di politica o di giudiziaria».
Domenica, dopo Monza-Genoa, non sapevo cosa scrivere: il cuore di tifosa era troppo deluso per poter parlare obiettivamente della partita, ma d'altronde mi dicevo: "Non sono mica una giornalista che deve rispondere a un pubblico di lettori di entrambi le parti e che deve saper rimanere neutrale e super-partes, sono una blogger rampante, il cui lettore ideale è rappresentato da me stessa: tifosa incallita biancorossa, che patisce la delusione della sconfitta". Non so dove mai finirò continuando ad anteporre il cuore di tifosa all'obiettività giornalistica: probabilmente da nessuna parte (papà docet anche qui), soprattutto dopo aver letto il post di cui sopra, il cui autore ha pienamente ragione.

6 commenti:

  1. una che ci mette un po di entusiasmo allora deve essere per forza tifosa??!!
    questa giornalista era nello stesso modo agitata nella partita di andata tra mantova e torino intervistando i giocatori del mantova dopo la vittoria.....digli a chi ha scritto questo articolo di documentarsi

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  2. Purtroppo non ho visto né una né l'altra partita e mi sono limitata a prendere l'articolo in fiducia dato che non è uno sprovveduto il tizio che lo ha scritto (è un cronista del Gazzettino di Treviso da dieci anni). Purtroppo l'eccessivo entusiasmo in questi casi è sempre considerato come partigianeria/faziosità/tifo!

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  3. Questa è la risposta dell'autore del post, rintracciabile anche qui: «La mia opinione è abbastanza semplice: mettere entusiasmo nel proprio lavoro significa farlo con passione, senza sbuffare. Essere tifosi è una cosa diversa: significa sia sostenere una determinata squadra (o la polizia o i carabinieri o un assessore, a seconda dell'argomento di cui si parla) sia avere un atteggiamento poco distaccato, come la giornalista in questione.

    Compito del giornalista è far capire come sono andate le cose: schierarsi dalla parte dell'uno o dell'altro (Mantova prima, Torino poi, ma può essere anche il sindaco di un comune o l'azionista di una società) non aiuta lettori o telespettatori a capire. Provi a pensare, per paradosso, a un telecronista americano che dall'Iraq avesse detto: "Bella, bellissima sensazione generale, complimenti, che mira! Siete riusciti a colpire il rifugio di Zarqawi e non gli avete lasciato scampo! Siete stati davvero straordinari, una magnifica impresa, una grande giornata per l'aviazione americana!" Suonerebbe un po' strano, vero? Non sarebbe meglio avere qualcuno che chiede dettagli al generale, che cerca di sapere da lui come è stato preparato il piano e come sono riusciti a identificare Al Zarqawi? [...]».

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  4. un emerita idiozia paragonare il calcio alla guerra...capisco perche è da 10 anni in un giornale di provincia con tutto il rispetto per i giornali di provincia si intende

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  5. Il suo era sicuramente un paradosso provocatore: dopotutto c’è da ammettere che se tutti i giornalisti sportivi fossero come Tiziano Crudeli (tanto per fare un nome eclatante) non ci sarebbe certo professionalità e i tifosi si risentirebbero alquanto…

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  6. "un emerita idiozia paragonare il calcio alla guerra...capisco perche è da 10 anni in un giornale di provincia con tutto il rispetto per i giornali di provincia si intende"

    E con tutto il non rispetto per gli anonimi, che non hanno il coraggio di mettere neppure uno pseudonimo. Nel giornale di provincia, caro il mio lei, ci sto bene e ci sto da più di 10 anni (la prossima volta cerchi di copiare meglio); ho avuto la possibilità di cambiare e, per motivi che non devo certo spiegare a un signor nessuno (o a un signor anonimo, che è la stessa cosa), non l'ho fatto. Spiegarle poi perché, dal punto di vista giornalistico, il mio paragone calza perfettamente sarebbe fatica sprecata. Del resto la titolare del blog, che me lo aveva chiesto, lo ha capito perfettamente e a me basta.

    A mai più rivederci. Anzi, rileggerci.

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