Le ricerche qualitative sono uno dei casi possibili: «puntano a cogliere il “vissuto” del pubblico rispetto a un determinato fenomeno […], fanno emergere negli intervistati quel “magma” di sensazioni, che spesso genera nel pubblico grandi amori o rifiuti imprevisti, determinando così il successo o il fallimento dei programmi tv».
E’ il caso appunto della ricerca, di cui vi parlavo ieri, volta a sondare il polso degli italiani, in merito ad una possibile futura fiction sul mondo del calcio. E’ una ricerca ormai datata, ma ha fatto emergere alcuni dati interessanti:
- gli uomini giovani sono maniaci della statistica, delle regole (perdono molto del loro tempo nella chiacchiera tipo “era fuorigioco o no”), della competizione e amano lo sfottò;
- gli uomini maturi hanno nostalgia per il calcio del passato, più aperto alla possibilità che arrivasse un “Davide ad uccidere Golia” (la piccola squadra di provincia, l’outsider insomma, che si rivela la grande favola del campionato);
- il pubblico femminile è poco interessato ai risultati e per niente alle statistiche, ma predilige le storie (non solo il frivolo gossip, ma tutte quelle notizie che permettono di ricostruire una storia dietro la vittoria o la sconfitta), soprattutto quelle che possono avere rimandi alla propria storia personale (“Quel giocatore non viene convocato in Nazionale, al pari di mio figlio, che non viene convocato nelle giovanili del Monza, perché l’allenatore ce l’ha su con lui”).
Queste informazioni «più che a suggerire che cosa fare, servono a delimitare il campo delle buone idee, scartando le proposte che sarebbero sicuramente respinte dal pubblico o, quantomeno, individuare le direttrici lungo le quali spingere la creatività degli autori (e, spesso, anche certi limiti da tener presenti)».
P.s.: i corsivi virgolettati sono tratti da F.Di Chio-G.P.Parenti, Manuale del telespettatore, Bompiani, Milano, 2003.
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